Print Friendly, PDF & Email

L’esperienza del lockdown è stata pesante, ma non insopportabile ed il primo desiderio, una volta riacquistata la “libertà”, è rivedere gli amici. Riguardo la scuola, ok di massima all’esperienza online, ma le controindicazioni ci sono. Da quelle tecniche ai risvolti sul benessere fisico e psicologico. Sì ad utilizzare quanto avviato durante questa emergenza per integrare l’attività didattica tradizionale, ma la scuola “a scuola” non può e non deve essere sostituita. A settembre a scuola, ma possibilmente senza utilizzare i mezzi pubblici: il covid-19 sarà una bella scusa per avere, finalmente, il motorino?  Questo, in estrema sintesi, è quanto emerge dall’indagine online realizzata da Laboratorio Adolescenza e Istituto di Ricerca IARD su un campione di oltre 1500 studenti italiani intervistati tra il 3 e il 16 maggio 2020.

“I risultati della prima indagine effettuata in pieno lockdown – commenta Maurizio Tucci, Presidente di Laboratorio Adolescenza – ci avevano restituito l’immagine di una adolescenza matura e responsabile, in grado di sopportare un evento improvviso e drammatico con una stabilità emotiva a volte superiore a quella degli adulti. Quanto emerge da questo nuovo rilevamento è una conferma che il peso della quarantena forzata è stato vissuto con comprensibile fatica, ma senza drammi eccessivi”.

Venendo ai dati odierni, il 60% del campione si è diviso pressoché a metà tra chi ha trovato il lockdown “faticoso” e chi lo ha trovato “poco piacevole, ma sopportabile”. Soltanto il 13% lo ha definito “insopportabile”, mentre il 15% ha affermato di essersi adattato bene e il 10% ha dato un giudizio addirittura positivo: “non mi è dispiaciuto”. Riguardo il primo desiderio da esaudire appena “liberi”, la maggioranza schiacciante ha espresso quello di rivedere gli amici. A grande distanza “rivedere il proprio ragazzo o la propria ragazza” e “fare sport”. Solo il 2,7% ha espresso il desiderio di “fare shopping” e, percentuale analoga, di andare dal parrucchiere. Con l’aumentare dell’età hanno comprensibilmente perso terreno gli amici a favore del “partner”.

Confrontando le risposte a due domande che sono state poste sia nella prima che nella seconda indagine, si registra che il timore nei confronti del coronavirus è rimasto pressoché identico mentre è aumentato significativamente l’utilizzo costante degli strumenti di prevenzione. I più attenti ad adottare sempre le misure di prevenzione risultano essere ragazzi e ragazze del sud.

“Registrare da un lato che la preoccupazione nei confronti del virus non cambia, rimanendo massiccia pur senza isterismi, e dall’altro il sensibile aumento dell’uso dei supporti e dei comportamenti di prevenzione – commenta Carlo Buzzi, sociologo dell’Università di Trento, Direttore scientifico dell’area ricerca di Laboratorio Adolescenza e membro del Comitato Scientifico dell’Istituto IARD – segna un alto livello di responsabilizzazione delle nuove generazioni.  Un segnale di maturità che ci sorprende e che non trova probabilmente un riscontro di tale entità tra i post-adolescenti e i giovani adulti in genere”.

La quasi totalità del campione ha affermato di avere avuto modo di proseguire l’attività scolastica online con una buona regolarità. Il giudizio è stato complessivamente positivo con il 42% che l’ha considerata “abbastanza utile” dal punto di vista dell’apprendimento ed il 20,4% molto utile. I critici si sono divisi tra un 30% che ha definito l’esperienza “poco utile” e l’8% che l’ha bocciata come “totalmente inutile”.

Ma le controindicazioni ci sono comunque state, mentre i vantaggi sono apparsi complessivamente scarsi.

Il problema maggiore è risultato essere, ancora una volta, la mancanza dei compagni, ma due terzi del campione ha anche indicato una maggiore difficoltà a capire le lezioni rispetto a quanto avviene a scuola. Riguardo le eventuali carenze tecniche da parte degli insegnanti a gestire la didattica a distanza, è da notare che questo tipo di segnalazione è arrivata in prevalenza dagli studenti delle scuole medie inferiori ed è via via diminuita all’aumentare dell’età dei rispondenti. Segno, probabile, che le “carenze tecniche” fossero – del tutto ragionevolmente – anche degli stessi studenti più giovani.

Quanto emerso dall’indagine – commenta Alessandra Condito, Dirigente del liceo scientifico Einstein di Milano – corrisponda esattamente al mio percepito dal mio punto di osservazione. Che la mancanza di socialità sia risultata essere la carenza maggiore sofferta dagli studenti è un dato importante di cui ci dovremo ricordare, e dovrà essere tenuto in massima considerazione, dai “decisori” quando si progetteranno riaperture e nuove “fasi”: l’adolescenza non ha bisogno solo di fibra veloce”.

Concorda Teresa Caputo – insegnante in una scuola media superiore e membro del Consiglio direttivo di Laboratorio Adolescenza – “La mancanza dell’interazione e del confronto diretto coi compagni di classe e con l’insegnante, che per qualcuno ha in parte anche significato meno occasioni di distrazione, ha fatto però comprendere a tutti – insegnanti compresi – quanto sia fondamentale la relazione umana per un apprendimento reale”.

Ma quattro, cinque ore, se non di più, davanti al computer hanno fatto anche registrare alcune controindicazioni legate al benessere fisico e psicologico.

I dati dell’indagine – sottolinea Marina Picca, Presidente della Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche Lombardia e membro del Consiglio direttivo di Laboratorio Adolescenza – confermano i risultati raccolti anche da parte di pediatri di famiglia: i 98% dei pediatri segnala, tra i propri pazienti, un aumento di comportamenti problematici, riconducibili al lockdown, che nell’80% riguardano preadolescenti e adolescenti. Vengono riferiti disturbi psicosomatici come ‘mal di testa e mal di pancia’, tristezza, ansia, manifestazioni di collera, aggressività verbale, difficoltà di concentrazione e attenzione durante le attività scolastiche on line e rifiuto di fare i compiti, anche in ragazzi che non avevano mai presentato difficoltà scolastiche. Come pediatri di famiglia abbiamo il compito di far emergere e intercettare precocemente questi segnali di malessere e aiutare i genitori a comprenderli ed affrontarli. E di questi aspetti bisognerà tener conto nella organizzazione dell’attività didattica futura.

Mal di testa, bruciore agli occhi e mal di schiena sono i sintomi maggiormente riferiti dagli studenti. La cosa non sorprende Gianluigi Marseglia, Direttore della Clinica Pediatrica dell’Università di Pavia e membro del Consiglio direttivo di Laboratorio Adolescenza: “La permanenza prolungata davanti ad un video crea inevitabili problemi alla vista e alla postura, la qual cosa innesca inevitabilmente fenomeni di cefalea “muscolo-tensiva”. Teniamo sempre presente che le ore di scuola-on line si sono inevitabilmente aggiunte alle ore che già normalmente gli adolescenti trascorrono utilizzando questi strumenti e il cumulo ha prodotto gli effetti descritti”.

“A questo si aggiunge – commenta ancora Maurizio Tucci – che se l’80% ha avuto modo di seguire le lezioni online utilizzando un computer o un tablet, il 20% è stato costretto a farlo, per mancanza di altri strumenti, utilizzando il proprio smartphone, che per le dimensioni non è assolutamente adatto alla cosa. E questo apre un capitolo importante che riguarda la dolorosa selezione sociale che questa emergenza ha messo in evidenza, anche per quanto concerne la possibilità di proseguire da casa l’attività didattica. Un problema del quale chi si occupa di adolescenza e di scuola dovrà farsi carico nel progettare il futuro”.

Interessante osservare che la percentuale delle ragazze che indicano questi disturbi è decisamente superiore rispetto a quella dei ragazzi. Non essendoci ragioni “organiche” perché ciò si verifichi un motivo è certamente legato al fatto che le ragazze normalmente dedicano più ore allo studio, rispetto ai maschi, e ciò significa maggior tempo al computer. Ma non solo. 

“Riferendomi alla mia esperienza professionale – sottolinea Alessandra Condito – anche a scuola le ragazze esprimono una percentuale maggiore dei malesseri indicati, mentre i ragazzi tendono ad esprimere malessere e stress più con manifestazioni di rabbia”.

“L’ansia, la difficoltà ad addormentarsi e il senso di solitudine avvertiti dai ragazzi – afferma Fulvio Scaparro, psicologo e psicoterapeuta dell’infanzia e dell’adolescenza e referente dell’area psicologica di Laboratorio Adolescenza – non possono essere “addebitati” alla scuola online in quanto tale, ma derivano molto più verosimilmente da una sorta di accumulo di stress generato dalla situazione complessiva che stanno vivendo e che emerge maggiormente nei momenti in cui sono richiesti  concentrazione e impegno”.

Complessivamente, se il giudizio su questa sperimentazione forzata di scuola “virtuale” non è negativo, il campione si spacca a metà tra chi sostiene che una volta tornati alla normalità la didattica on line debba essere messa in naftalina e chi afferma che gradirebbe continuare comunque a svolgere alcune attività scolastiche online o, addirittura preferirebbe una attività scolastica online prevalente rispetto alle lezioni impartite a scuola.

Mentre pessimisti e ottimisti ad oltranza si equivalgono – “Si tornerà a scuola a settembre come sempre” contro “Non si tornerà a scuola e si continuerà con le lezioni online ancora per molti mesi” –, la maggioranza opta per un più interlocutorio “Si tornerà a scuola con modalità differenti e turni”. Così come il 67% sostiene che non è ragionevole pensare di passare tante ore a scuola con la mascherina.

Ciò che invece cambierà, molto probabilmente, sarà il modo di andarci, a scuola. Drastico calo dell’utilizzo dei mezzi pubblici. La differenza è particolarmente significativa al nord-ovest dove si passa dal 67% al 48%. Cresce dovunque, l’utilizzo del mezzo “personale”. Il covid-19 sarà una bella scusa per avere, finalmente, il motorino?

Share Button