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La crisi si fa sentire anche sulle imprese femminili, interrompendone la rincorsa che andava avanti da sei anni. A fine 2020, infatti, l’Osservatorio dell’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere registra un calo dello 0,29%, pari a quasi 4mila attività in meno rispetto al 2019. Una perdita contenuta, quindi, tutta concentrata al Centro Nord, che interrompe però una crescita costante dal 2014. Le imprese guidate da donne sono un milione e 336mila. Scende, seppur di poco, anche il loro peso sul totale del sistema produttivo nazionale: ora è pari al 21,98%, a fronte del 22% del 2019. I dati di fine 2020 mostrano però che la gestione dell’emergenza sanitaria ha prodotto una battuta d’arresto soprattutto sulle imprenditrici giovani. Sebbene il tessuto produttivo femminile resti comunque mediamente “più giovane” di quello maschile, le aziende guidate da donne di meno di 35 anni di età hanno ridotto lievemente il proprio peso sulla componente imprenditoriale femminile. Le attuali 154mila attività di giovani donne sono, infatti, l’11,52% del totale, mentre nel 2019 erano il 12,02%.

Su queste dinamiche ma anche sul coinvolgimento delle Camere di commercio nelle azioni di supporto al fare impresa delle donne si concentra l’incontro promosso da Unioncamere con la rete dei Comitati per l’imprenditorialità femminile e con le associazioni di categoria, in corso oggi.

Commercio, agricoltura e attività manifatturiere scontano i veri danni della pandemia: quasi 4.400 le imprese femminili commerciali in meno rispetto al 2019, oltre 2.400 in meno quelle agricole, -870 quelle manifatturiere.

Continua al contrario la crescita di tutti gli altri settori, a partire da quelli a maggior contenuto di conoscenza: le Attività professionali, le Attività finanziarie ed assicurative, l’Istruzione, i Servizi di informazione e comunicazione, le Attività immobiliari. In crescita anche le imprese del Noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese. Crescono moderatamente le attività di alloggio e ristorazione, terzo settore in termini di consistenza delle imprese femminili.

Sono soprattutto le regioni del Centro che vedono ridurre la partecipazione femminile al mondo dell’impresa: oltre 2.400 le attività in meno nel 2020 rispetto al 2019, con una diminuzione dello 0,81%. Nel Nord Est le imprese guidate da donne calano di quasi 1.500 unità, mentre il Nord Ovest registra poco più di 1.200 imprese femminili in meno rispetto all’anno precedente. Positivi al contrario i dati del Mezzogiorno: quasi 1.300 le imprese in più, pari al +0,26%. Sei le regioni, quasi tutte le Mezzogiorno, che vedono aumentare le attività guidate da donne. In Campania, Trentino Alto Adige, Sicilia, Sardegna, Calabria e Puglia il confronto con l’anno scorso mostra variazioni positive comprese tra il +0,63% e il +0,10%. La Lombardia, con un -0,05%, è sostanzialmente stazionaria. Perdite consistenti si registrano invece in Molise, Friuli Venezia Giulia, Marche, Valle d’Aosta e Liguria, dove le variazioni negative sono comprese tra il -2,02% e il -1,08%. Sono 34, inoltre, le province che registrano incrementi di imprese femminili compresi tra il +1,41% di Lecco e il +0,06% di Latina. Dopo Lecco, si mantiene sostenuta la crescita di imprese guidate da donne a Ragusa, Napoli, Agrigento e Crotone. Isernia, Vercelli e Udine le province che, al contrario, mostrano le maggiori riduzioni.

Diversamente da quanto registrato dal totale delle imprese femminili, le aziende fondate da giovani donne diminuiscono in tutte le aree territoriali e in tutte le regioni, a partire da Sicilia, Campania e Lazio.

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