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Tra le mille difficoltà, nell’emergenza Covid-19 la scuola è andata avanti soprattutto grazie all’impegno personale delle diverse figure coinvolte. Il 98% dei dirigenti scolastici ritiene che gli studenti abbiano dimostrato di avere spirito di adattamento e di collaborazione. Per il 99% i docenti stessi sono stati animati da buona volontà per fare del loro meglio, anche quelli che si sono ritrovati catapultati nelle rete da un giorno all’altro. Il 94% dei dirigenti delle scuole del primo ciclo e il 68% delle scuole secondarie di secondo grado riconoscono che i genitori stanno dedicando molto più tempo del solito a supportare i loro figli nello studio. Nonostante la proliferazione di progetti, iniziative, iniezioni di tecnologie, formazione dei docenti e sperimentazioni di modelli didattici innovativi, si è proceduto però in ordine sparso, senza riuscire a fare sistema. E la scuola, di fronte all’emergenza, si è scoperta non attrezzata per la didattica a distanza. Ne è convinto il 61% dei presidi. È quanto emerge da un’indagine del Censis condotta su un campione di 2.812 dirigenti scolastici (pari al 35% del totale dei presidi italiani) sull’emergenza Covid-19 che si è abbattuta sulla scuola: un universo composto da 8,5 milioni di studenti e famiglie e da un altro milione di persone tra docenti, dirigenti scolastici e amministrativi, personale Ata. L’indagine è alla base del primo report del progetto «Italia sotto sforzo. Diario della transizione 2020», realizzato dal Censis in collaborazione con l’Agi per analizzare le difficoltà che l’Italia si porta dietro dal passato, i nervi scoperti che hanno comportato l’impreparazione ad affrontare al meglio l’emergenza legata all’epidemia del Covid-19, per guardare in modo costruttivo al futuro.

Per tutti è stata un’occasione di vero apprendimento e riflessione profonda sul futuro della scuola. Il 96% dei presidi crede che l’utilizzo generalizzato della didattica a distanza abbia permesso alle scuole e ai docenti di apprendere cose utili per il futuro dell’insegnamento. L’84% dei dirigenti ritiene che probabilmente in futuro si ricorrerà più spesso alla didattica a distanza integrata con le attività in aula. Ma l’aspetto critico più evidente è che volontà e impegno personale non bastano per assicurare l’inclusione nei processi educativi di tutti gli studenti. Solo l’11% dei dirigenti dichiara che, a fine aprile, tutti gli studenti erano coinvolti nelle attività di didattica a distanza. Nel 40% delle scuole la dispersione è superiore al 5% della popolazione studentesca, con maggiori criticità nelle scuole del Mezzogiorno.

L’82% dei dirigenti segnala che le differenze in termini di dotazioni tecnologiche, connettività e familiarità d’uso, sia tra i docenti che tra gli studenti, sono un ostacolo al pieno funzionamento della didattica a distanza. Per il 75% la Dad ha ampliato il gap di apprendimento tra gli studenti in base alla disponibilità di strumenti informatici e alle competenze tecnologiche dei familiari. Il 53% dei dirigenti ritiene che non si riesce a coinvolgere pienamente gli studenti con bisogni educativi speciali. Fondamentale, soprattutto per i bambini della scuola primaria, il supporto dei genitori per il collegamento online e per lo studio. Il 91% dei dirigenti delle scuole del primo ciclo sottolinea che gli alunni della scuola primaria possono essere seguiti dai loro docenti, con attività didattiche a distanza, solo se c’è il supporto attivo dei loro familiari.

Soltanto l’1% delle scuole non ha avuto la necessità di fornire attrezzature hardware per permettere la realizzazione della Dad, mentre il 5% ha adattato la propria offerta didattica utilizzando modalità di comunicazioni personalizzate sulla base delle disponibilità tecnologiche individuali. L’84% ha distribuito device agli studenti. A fine aprile il 7% delle scuole non era ancora riuscito a dotare gli studenti bisognosi di attrezzature adeguate.

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