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Bollette elettriche in crescita in tutta l’Eurozona, ulteriormente appesantite dalle imposte e dagli oneri di rete in Italia. Consumi di gas in crescita e prezzi italiani più alti della media UE per i clienti domestici. Quasi 12 miliardi di investimenti nel settore idrico, sostenuti in parte con i 312 euro della spesa media annua della famiglia tipo e in parte con risorse pubbliche, per fronteggiare la perdita media del 43% di acqua dagli acquedotti. Infine, l’universo frammentato dei rifiuti per il quale il Metodo Tariffario introdotto da ARERA sta cercando di introdurre rapidamente trasparenza e costi standard, vista la disomogeneità di trattamento ancora presente nel Paese. Si passa da situazioni in cui il conferimento nelle discariche ha un valore di 9 euro/tonnellata a zone in cui raggiunge i 187 euro/tonnellata, così come nei 189 impianti censiti, si passa da un minimo di 66 euro/tonnellata a un massimo di 193 euro/tonnellata. È solo una stringata sintesi dei dati 2019 per elettricità, gas, acqua e rifiuti che ARERA – l’Autorità di regolazione per l’energia e l’ambiente – ha pubblicato nella Relazione Annuale.
Nel 2019 trend al rialzo per i prezzi al lordo delle imposte e degli oneri per i consumatori domestici di tutta Europa, andamento che in Italia è influenzato anche da un aumento dei prezzi netti più marcato nel nostro Paese. I prezzi finali delle due classi di consumo più rappresentative si attestano per la prima ancora sotto la media dell’Area euro, rispettivamente a -5% e la seconda con lieve scarto dall’Area euro, in un trend di crescita di cui sarà importante verificare andamento e ragioni. Le classi di consumo successive confermano livelli superiori a quelli dell’Area euro, sia al lordo che al netto di imposte e oneri. Mentre la struttura del prezzo netto è digressiva, la componente fiscale che grava sui consumatori domestici italiani presenta ancora una struttura non digressiva, a differenza di quanto accade nel resto dell’Unione Europea, rispetto alla quale tale componente risulta più alta per le classi a più alto consumo e viceversa più bassa per le classi inferiori. L’introduzione della nuova metodologia Eurostat di rilevazione e la conseguente riclassificazione dei clienti per fasce di consumo, nonché l’effettuazione di conguagli in ragione della sopravvenuta prescrizione biennale delle fatture, possono invece avere influenzato la dinamica dei prezzi, storicamente più bassi, della prima classe in Italia: per quest’ultima si è infatti passati da forti differenziali negativi a decisi distacchi positivi rispetto alla media dell’Area euro. Con l’entrata in vigore e completamento della riforma delle tariffe elettriche introdotta dall’Autorità ha avuto inizio il progressivo riallineamento dei corrispettivi di rete applicati alle diverse classi di consumo, che ha contribuito ad avvicinare i prezzi netti italiani a quelli medi europei, grazie al graduale superamento della previgente struttura progressiva delle tariffe. Tra i principali Paesi europei, la Germania si conferma il Paese con i prezzi più alti per i clienti domestici di energia elettrica per tutte le classi, esclusa la prima con consumi sotto i 1.000 kWh/a, dove più cari sono i prezzi di Spagna e Italia. Rispetto alla Germania, i clienti domestici italiani pagano via via prezzi inferiori al diminuire della classe di consumo dal -10% della fascia più alta di consumo al -26% della fascia tra 1.000 e 2.500 kWh/a. Il differenziale fra prezzi domestici italiani e tedeschi si è però assottigliato.
Dopo i positivi dati degli anni 2017 e 2018, che avevano visto per il settore industriale una progressiva riduzione del divario tra i prezzi medi lordi del nostro Paese e quelli più convenienti dell’Area Euro, per il 2019 si registra una pausa di questa favorevole tendenza. Torna infatti a crescere il divario con i prezzi medi dell’Eurozona, con i clienti industriali che nel 2019 continuano a pagare prezzi più alti di quelli della media dell’Area Euro, per tutte le classi, a causa del rialzo dei prezzi netti e delle imposte e oneri. Per la prima classe di consumo si è passati, rispettivamente, dal +8% del 2018 al +45% del 2019, mentre per le altre si è passati da circa il +10% del 2018 a valori prossimi al 20%. Anche per le classi con consumi tra i 20.000 e 70.000 MWh/a e da 70.000 a 150.000 MWh/a si passa rispettivamente dal 6% al 18% e dal -12% al +9%. I differenziali di prezzo sembrano tornati su livelli prossimi a quelli registrati nel 2016, anche se restano ancora ben inferiori a quelli degli anni precedenti, quando si attestavano tutti su valori vicini al 30%. Nel dettaglio, nel 2017 i prezzi finali dei clienti industriali italiani avevano beneficiato di diminuzioni dei prezzi netti più spiccate rispetto all’Area euro,almeno per le prime quattro classi, nonché di riduzioni della componente oneri e imposte. Sui valori del 2018, poi, aveva influito positivamente un’ancora più marcata riduzione della componente oneri e imposte, in grado di più che compensare i maggiori aumenti che, invece, avevano riguardato i prezzi netti italiani di quasi tutte le classi. La situazione del 2019 appare, al contrario, determinata sia da ulteriori maggiori aumenti dei prezzi netti rispetto a quelli che hanno interessato l’Area euro, sia da aumenti ancora più consistenti della componente oneri e imposte. I prezzi italiani comunque si confermano più bassi, come di consueto, di quelli dei consumatori industriali tedeschi ad eccezione della prima classe di consumo, ma anche di quelli inglesi almeno per le ultime tre classi di consumo, mentre la Spagna mantiene prezzi più bassi in tutte le classi di consumo e aumenta il divario con i prezzi più bassi della Francia Nel 2019 i consumi di energia elettric registrano una lieve diminuzione del -1%, dovuta principalmente al calo dei consumi nel settore agricolo e industriale, parzialmente compensati daquello domestico. L’88% della domanda nazionale è stata soddisfatta dalla produzione interna, in aumento di circa un punto percentuale, riducendo l’import e aumentando l’export. La produzione nazionale lorda si è mantenuta pressoché costante, da 289,7 TWh nel 2018 a 291,7 TWh nel 2019. Le rinnovabili tengono nonostante la contrazione dell’idroelettrico a -6,2% e del geotermico. Quasi dimezzata la produzione derivante dal carbone, compensata dall’aumento dellaproduzione a gas naturale e quella derivante dai prodotti petroliferi. La fonte gas ha assicurato quasi la metà della produzione lorda. La quota di Enel nella produzione è stata del 17%, ancora in calo. Per la prima volta Enelnon ricopre più il ruolo di primo operatore nella generazione termoelettrica, essendo risultata maggiore la produzione di Eni, pur a fronte di una potenza installata inferiore. La quantità di energia elettrica incentivata rimane invariata sui 63 TWh, per un costo del sistema anch’esso stabile sugli 11 miliardi di euro, su un totale di oneri generali di circa 15 miliardi di euro. La quantità di energia elettrica acquistata dal Sistema Italia, invece, è stata pari a 295,8 TWh.
Il numero complessivo deipunti di prelievo è rimasto sostanzialmente invariato a poco meno di 37 milioni, di cui 29,5 milioni domestici e 7,2 milioni non domestici. L’80,1% dei clienti domestici è residente con una media dei consumi di 2.184 kWh. Dall’analisi dei dati della distribuzione, emerge che i consumi elettrici delle famiglie italiane sono piuttosto contenuti: il 53,5% dei clienti domestici si colloca nella fascia di consumo annuo che non supera i 1.800 kWh e preleva un quarto di tutta l’energia elettrica distribuitaai clienti domestici, mentre il restante 46,5% preleva il 73,8% del totale. Le famiglie consumano circa il 22% di tutta l’energia distribuita. Quest’anno, per la prima volta, l’analisi dell’attività di switchingcomprende dati raccolti presso i distributori e dati provenienti dal Sistema Informativo Integrato. Da questi risulta chenel 2019 lo swicthing delle famiglie è aumentato rispetto al 2018. Guardando ai dati del mercato finale della vendita, il 49,4% dei clienti domestici si trova nel mercato libero. Si assottiglia la differenza dei consumimeditra famiglie nel mercato libero, mediamente 2.063 kWh/anno, e in quello tutelato, 1.869 kWh/anno, segno che se prima si sono spostati i clienti domestici con maggiori consumi ora il processo si sta allargando alle altre famiglie. Lato offerta, anche nel 2019 è cresciuto in maniera decisa il numero dei venditori sul mercato retail confermando un trend di espansione che procede ininterrottamente dalla liberalizzazione del 2007. L’operatore dominante dell’intero mercato elettrico italiano resta il gruppo Enel, quest’anno con una quota in lieve discesa dal 37,6% del 2018 a 36% dei volumi venduti seguito a grande distanza da Edison e da Hera al 4,9 dal 4,3%. Complessivamente, i primi cinque operatori detengono l’82,5% del settore domestico, anche se complessivamente, rispetto al 2018, si registra una minima diminuzione del livello di concentrazione del mercato, con la quota dei primi tre operatori passata dal 46,8% al 46,3% delle vendite complessive. Nel 2019 il prezzo medio dell’energia elettrica, al netto delle imposte, praticato dalle imprese di vendita ai clienti domestici, è stato pari a 21,50 cent euro/kWh nel servizio di maggior tutela e a 24,21 cent euro/kWh nel mercato libero. Il differenziale tra i due mercati, in parte spiegabile con ampie differenze nelle tipologie di contratti disponibili sui due mercati, è risultato quindi di 2,7 centesimi di euro, che scende a 2,6 centesimi se si guarda alla sola componente di costo per la materia energia.
È proseguita anche nel 2019 la crescita dei consumi mondiali di gas, arrivati a 3.948 miliardi di mc, con un incremento del 3,6% rispetto al 2018, per 136 miliardi di mc aggiuntivi a livello globale: l’area OCSE ha contribuito per 63 miliardi di mc e la Cina per 24 miliardi di mc. All’interno dell’area OCSE, i volumi incrementali sono da attribuirsi in gran parte all’area americana, per 44 miliardi di mc, mentre l’aumento nell’area asiatica ed europea è stato rispettivamente paria 5 e 14 miliardi di mc. In Europa, crescono i consumi nell’UE più del 5%, passando da 470 a 495 miliardi di mc, principalmente per la maggiore domanda del settore termoelettrico, grazie ai prezzi del gas in calo e al contemporaneo rialzo dei prezzi dei permessi di emissione.Anche nel 2019 Stati Uniti e Cina sono stati i due principali centri di crescita dei consumi, nonostante ilcontesto di debolezza delle economie, un inverno mite in tutto l’emisfero nord e il rilassamento delle politiche governative sulla transizione dal carbone al gas ne abbiano comportato un rallentamento. Per quanto riguarda l’offerta, nel 2019, la produzione OCSE di gas naturale è aumentata di 93 miliardi di mc rispetto al 2018. La maggior parte della crescita è stata osservata nelle Americhe e più specificatamente negli Stati Uniti, +89 miliardi di mc, grazie all’ulteriore spinta produttiva dello shale gas da fratturazione. Di rilievo è stato anche l’incremento produttivo dell’area Asia Oceania, con l’Australia che ha fatto registrare un incremento del 14,8%, per 22 miliardi di mc, grazie all’avvio di nuovi treni di esportazione di GNL. L’Europa OCSE ha subìto invece un calo del 6,8% nella produzione di gas naturale.Per quanto riguarda il GNL, per il sesto anno consecutivo il commercio ha stabilito un nuovo primato, raggiungendo i 354,7 di milioni di tonnellate, con un incremento di 40,9 Mt dal 2018, nonostante il rallentamento della crescita della domanda asiatica, sulla quale hanno pesato l’indebolimento della conversione dal carbone al gas, l’aumento delle rinnovabili nel mix energetico e la debolezza più generale delle economie. Il nuovo record della domanda mondiale di GNL è legato al forte incremento delle importazioni europee, che sono quasi raddoppiate, raggiungendo un totale di 86 milioni di tonnellate nel 2019. La combinazione della forte crescita dell’offerta mondiale con il rallentamento della domanda asiatica ha infatti permesso all’Europa di beneficiare di abbondanti arrivi a prezzi molto bassi. Altri mercati chiave nella crescita mondiale del GNL sono stati la Corea del Sud, l’India, il Pakistan e il Bangladesh.
Nel 2019 il consumo netto di gas naturalein Italia è aumentato di 1,6 miliardi di mc, attestandosi a 71,9 miliardi di mc, dai 70,3 del 2018. In termini percentuali, il consumo ha registrato una crescita del 2,2%, recuperando quindi una parte della perdita dell’anno precedente. A trainare la crescita sono stati i consumi della generazione elettrica che hanno registrato una netta impennata. Stabili sono risultati invece i consumi degli altri usi, che contengono in particolare quelli per autotrazione, mentre i consumi civili hanno subito una contrazione del -3,1% rispetto al 2018, principalmente a causa di un andamento climatico sfavorevole ai riscaldamenti: il 2019 infatti è stato, ancora una volta, un anno molto caldo. In calo infine anche i consumi industriali. Nel 2019 la produzione nazionale ha subito un nuovo marcatocalo rispetto al 2018, attestandosi a 4,85 miliardidi metri cubi, soprattutto per la riduzione della produzione in mare, mentre quella in terraferma è cresciuta del 5%. Il grado di dipendenza dall’estero è cresciuto nuovamente e ha raggiunto il massimo storico toccando il 95,4%. Le importazioni nel 2019 hanno raggiunto i 70,9 miliardi di metri cubi, in aumento del 4,5% rispetto al 2018. Con l’eccezione dei volumi provenienti dall’Algeria, che sonodiminuiti del 25,6% rispetto al 2018, sono cresciute le importazioni da tutti gli altri Paesi da cui l’Italia acquista il gas. Il gas che è venuto a mancare dall’Algeria, è stato più che compensato dai più elevati volumi provenienti dagli altri tradizionali Paesi da cui l’Italia importa il gas. Infatti, nel 2019 abbiamo importato: 3 miliardi di mc in più dalla Norvegia, 1,2 in più dalla Libia, 0,5 in più dall’Olanda e 0,2 in più dalla Russia; sono inoltre aumentati di circa 2,7 miliardi di mc i volumi provenienti dalle altre zone. Nel 2019, quindi, il peso della Russia tra i paesi che esportano in Italia è leggermente diminuito al 46%, mentre la quota dell’Algeria è scesa dal 26,5% al 18,8%. Il terzo paese per importanza è il Qatar da cui arriva il 9,2% del gas complessivamente importato in Italia, seguito dalla Norvegia la cui quota è all’8,7% e dalla Libia all’8%. Il 6,8% delle importazioni italiane nel 2019 è arrivato dall’insieme degli altri Paesi. Grazie al significativo incremento della quota norvegese, l’incidenza delle importazioni dal Nord Europa è salita all’11,1%, dal 6,5% del 2018.Il 6% del gas approvvigionato all’estero risulta acquistato presso le borse europee. Le importazioni di Eni rappresentano una quota, in calo, del 47,1%. Tale quota si mantiene ben al di sopra del punto di minimo toccato nel 2010, quando per effetto dei tetti antitrust stabiliti dal decreto legislativo 164/2000, la porzione di gas estero approvvigionata da Eni era scesa al 39,2%. I primi tre importatori coprono una quota dell’71,6% del gas importato.
Nel settore della vendita, su un totale di 446 imprese attive soltanto 30 ha venduto oltre 300 milioni di mc. Complessivamente, le 30 società che hanno venduto oltre 300 milioni di mc coprono l’82% di tutto il gas acquistato nel mercato al dettaglio. Il 2018 ha visto un leggero aumento di concentrazione sul mercato finale con la quota controllata dai primi 3 gruppi societari salita al 44,3% dal 43,5% del 2018, mentre per i primi cinque gruppi si è passato dal 51,7% al 54,4%. Nessuna variazione emerge nelle prime tre posizioni del mercato finale, nelle quali restano saldi Eni, Edison ed Enel. Rispetto al 2018, le quote dei tre gruppi risultano tutte in sostanziale stabilità o in minimo aumento; infatti la quota del gruppo Eni passa dal 19,2% al 19,4%, quella del gruppo Enel dal 13,2% va al 13,3%, mentre Edison sale dall’11% all’11,7%. In termini di numero di clienti domestici, invece, il 44% si rivolge al mercato tutelato, mentre il 56% acquista nel mercato libero.Coerentemente alle vendite, rispetto al 2018 i clienti che hanno acquistato il gas nel servizio di tutela sono diminuiti dell’11,2%; viceversa i clienti del mercato libero sono complessivamente aumentati del 10,4%. I cambiamenti di fornitore dei consumatori domestici nel 2019 sono saliti di due punti percentuali, confermando e anzi accrescendo la crescita registrata nel 2018. Lo scorso anno, infatti, risultano avere effettuato almeno un cambio di fornitore circa 1 milione e 600mila clienti, equivalenti a una quota dell’8,8% del totale. Più elevata e pari al 10,1% è stata la frazione di condomini con uso domestico che si è rivolta a un altro venditore, per volumi corrispondenti al 12,4% del relativo settore di consumo. Quest’ultima quota è leggermente inferiore a quella evidenziata nel 2018, mentre il tasso di spostamento in termini di clienti è più elevato rispetto al 2018: ciò significa che stanno cominciando a spostarsi i condomini con i consumi annui di più ridotta dimensione.Il fenomeno è stato probabilmente stimolato dalla fine del servizio di tutela, originariamente programmata per il primo luglio 2019 e ora rinviata al 1° gennaio 2022.
Nel 2019 i prezzi del gas naturale per i consumatori domestici italiani, comprensivi di oneri e imposte, sono stati più alti della media dei prezzi dell’Area euro per tutte le classi di consumo. Per la prima volta, infatti, anche la prima classe di consumo ha conosciuto un differenziale positivo, passando dal -1% del 2018 al +7%. In passato, questa era sempre risultata più conveniente sia al lordo, sia al netto delle imposte, anche se per differenziali negativi contenuti. Per le altre due classi a maggior consumo i divari con la media dei prezzi lordi dell’Area euro però hanno conosciuto una leggera diminuzione rispetto all’anno precedente: per la classe di consumo 525-5.254 m3/a, che è anche quella che presenta la quota maggiore sul totale dei consumi domestici il differenziale è stato infatti del +15%, contro il +17% registrato nel 2017; per la classe oltre 5.254 mc/a il valore è stato invece del +18%, contro il +22% dell’anno precedente. Anche in termini netti il differenziale con l’Area euro è calato per le classi maggiori consumi, in particolare per l’ultima. Esso ha tuttavia registrato una forte crescita per la prima classe. L’Area euro ha invece registrato prezzi netti sostanzialmente stabili, a eccezione della classe intermedia. Dopo che nel biennio 2017 e 2018 erano tornate ad ampliarsi le differenze tra i prezzi italiani e quelli dell’Area euro, che invece avevano conosciuto in precedenza un periodo di progressiva riduzione, nel 2019 si assiste dunque a un miglioramento relativoper le ultime due classi, con prezzi finali che crescono meno in Italia rispetto all’Area euro; per la prima classe, il maggiore aumento del prezzo finale rispetto all’Area euro, determina per la prima volta un differenziale positivocon l’Area euro.
Per i prezzi del gas per i consumatori industriali nel 2019 si interrompe la tendenza, delineatasi negli ultimi anni, secondo la quale le imprese industriali appartenenti alle tre classi a maggior consumo di gas beneficiavano di prezzi lordi più vantaggiosi rispetto a quelli medi dell’Area euro, con differenziali in riduzione, mentre i prezzi per le prime classi erano più alti, con differenziali sostanzialmente stabili. Infatti, per la classe a più alti consumi il differenziale è diventato positivo, sia pure con un modesto +1%. Per le due classi a più bassi consumi il differenziale mostra un aumento, passando al +18% e al +6%. Per quanto riguarda i prezzi netti, i differenziali sono invece tutti positivi e compresi tra il +3% della terza classe e il +14% della prima e dell’ultima. Anch’essi sono in leggero aumento rispetto all’anno precedente per quasi tutte le classi.

Si conferma il trend di crescita del teleriscaldamento e del teleraffrescamento, in termini di volumetria allacciata ed estensione delle reti. La diffusione del servizio rimane concentrata principalmente nell’Italia settentrionale e centrale: Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Veneto rappresentano, da sole, oltre il 95% dell’energia termica erogata. Dall’analisi dei siti internetdegli operatori di maggiori dimensioni è emerso che, nell’ultimo trimestre del 2019, il prezzo netto per un utente condominiale di tipo domestico era compreso tra circa 82 e 92 euro/MWh. Al riguardo, va comunque evidenziato che le caratteristiche dei sistemi di telecalore possono comportare significative variazioni del costo di erogazione del servizio e che pertanto tale intervallo di prezzo non può costituire un riferimento per tutte le realtà del settore. Nel 2019 sono proseguite le attività di definizione del quadro regolatorio del servizio di teleriscaldamento e teleraffrescamento che, nonostante la recente attribuzione del settore all’Autorità, risulta quasi completato. Le attività si sono concentrate sui seguenti temi: esercizio del diritto di recesso; obblighi di trasparenza dei gestori, incluso il monitoraggio dei prezzi; regolazione della qualità commerciale e tecnica, quest’ultima in particolare riferita a sicurezza e continuità del servizio; regolazione del servizio di misura.

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