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Per il 94% del campione l’utilizzo dei robot e dell’IA ha portato a scoperte e risultati un tempo impensabili, per l’89% è necessario per svolgere le attività troppo faticose e pericolose per l’uomo e non potrà mai sostituire completamente l’intervento dell’uomo. Contribuisce, poi, a migliorare il benessere e la qualità della vita. Per il 92%, tuttavia, per cogliere tutte le opportunità è necessario lo sviluppo di nuove leggi e normative capaci di regolamentare la materia. Per contro, invece, per il 70% provocherà la perdita di molti posti di lavoro e per il 50% rischia di portare al predominio delle macchine sull’uomo. Seppur prevale nettamente un sentimento positivo verso le potenzialità delle nuove tecnologie permangono in percentuali non trascurabili paure e preoccupazioni.  Questi alcuni dei dati significativi emersi dal Secondo Rapporto AIDP-LABLAW 2019 a cura di DOXA su Robot, Intelligenza artificiale e lavoro in Italia, che viene presentato a Roma presso il CNEL.

Giovani sotto i 35 anni, maschi, con un elevato titolo di studio, appartenenti alla classe dirigente e residente nel Sud e nelle Isole. È questo l’identikit dell’italiano tipo più interessato e con maggiori conoscenze sull’intelligenza artificiale e la robotica. È l’italiano 4.0. In generale, tuttavia, la conoscenza delle nuove tecnologie e l’interesse verso il tema è molto diffusa e trasversale alle diverse categorie e, seppure con diverse gradualità, coinvolge tutti. 

Il 92% esprime un sentiment positivo associato all’intelligenza artificiale e alla robotica come curiosità, interesse e opportunità, e solo il 36% esprime un’associazione negativa come preoccupazione, perplessità e timore. Si conferma un sentiment maggiormente positivo tra coloro che hanno già utilizzato questi sistemi contro coloro che non li hanno utilizzati. Da notare tuttavia che il titolo di studio incide relativamente sull’atteggiamento verso le nuove tecnologie: il 95% dei soggetti con scolarità elevata e il 90% di chi ha titoli medio bassi esprimono un sentiment positivo. 

Per il 53% l’ambito di maggiore utilità è nella logistica e nei trasporti, per il 51% nel settore manifatturiero e nell’industria, per il 50% nella medicina e nei servizi sanitari, per il 48% nel settore militare, nella sicurezza e nel settore automobilistico. Da notare come per il 40% tra i settori di applicazione più interessati c’è il lavoro domestico e per il 32% l’assistenza ad anziani e disabili. Parliamo dell’ampio settore dei servizi alla persona. Da sottolineare, poi, un dato: al primo posto negli ambiti in cui non andrebbero applicati i robot e l’IA il 43% indica l’istruzione a la scuola. Su questo dato è utile fare una riflessione. Se è vero che per cogliere le opportunità anche occupazionali delle nuove tecnologie è fondamentale investire sulla formazione 4.0 è altrettanto scontato che questa passa da un grande e strategico investimento sulla scuola e l’istruzione. Complessivamente alla domanda: quale opinione hai dei robot e dell’intelligenza artificiale, l’87% del campione ha risposto positivamente, il 6% nessuna opinione e solo l’8% negativa. 

Il 43% degli intervistati ha utilizzato sistemi di robot e intelligenza artificiale al lavoro e/o a casa e il 47% ha fruito o effettuato acquisti tramite piattaforme e soluzioni basate su IA e Robot. Prevalgono nell’uso privato i sistemi di domotica per lavori domestici e pulizia della casa per il 21%; logistica e spedizioni per il 12%; utilizzo quotidiano di apparecchiature e strumenti guidati dall’IA; chatbot e assistenza virtuale per il 7%. Il 90% dei consumatori giudica positivamente l’esperienza con Robot e IA. Si conferma il profilo dell’Italiano 4.0, anche in termini di intensità di utilizzo delle nuove tecnologie: sono soprattutto uomini giovani, con elevata scolarizzazione, dirigenti e white collar. 

“Per cogliere le opportunità e governare le criticità della rivoluzione tecnologica in atto dovremmo puntare perlomeno, ma non solo, su due capisaldi su cui far leva: l’etica e le competenze – spiga Isabella Covili Faggioli, Presidente AIDP-. L’etica: va riaffermata una visione del progresso fondata sulla centralità della persona umana e la correttezza nella sua valorizzazione. Le competenze: appare assodato che per stare nel nuovo mercato del lavoro 4.0 occorre sviluppare competenze adeguate senza le quali il rischio di finire ai margini è concreto, sia competenze umane che tecniche”.

“Ciò che contraddistingue il modello organizzativo che si va delineando, non è la presenza di robot all’interno dell’azienda, ma l’ingresso sempre più veloce di macchinari dotati di intelligenza artificiale, in grado non solo di pensare sulla base degli insegnamenti ricevuti dai propri programmatori, ma di evolvere in un processo di continuo apprendimento – spiega Francesco Rotondi, Giuslavorista e founder di LabLaw – Questo processo è destinato a mutare radicalmente il rapporto tra uomo e macchina e ad avere un impatto enorme sui modelli organizzativi aziendali, che dovranno tener conto della presenza di uomini che non si limitino ad utilizzare supporti tecnologici, ma che collaborino con loro in una interazione che può essere più o meno spinta. È facile immaginare che l’implementazione di questa rivoluzione sarà un tema non solo normativo, ma anche contrattuale”.

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