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Le ricercatrici e i ricercatori dell’esperimento CUORE, situato ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, hanno pubblicato su “Nature” i nuovi risultati dell’indagine sulla natura del neutrino.

CUORE è tra gli esperimenti più sensibili al mondo per lo studio di un processo nucleare chiamato “doppio decadimento beta senza emissione di neutrini”, possibile solo se neutrino e antineutrino sono la stessa particella. Questo decadimento, se osservato, mostrerebbe per la prima volta che i neutrini sono davvero fermioni di Majorana, ovvero le loro stesse antiparticelle. Una scoperta del genere potrebbe aiutarci a rispondere ad un interrogativo che è alla base della nostra stessa esistenza: perché c’è così tanta più materia che antimateria nell’universo?

Per analizzare questo fenomeno, l’esperimento utilizza quasi mille cristalli di ossido di tellurio purissimo, del peso complessivo di oltre 700 chili, ed è mantenuto a temperature vicine allo zero assoluto.

I risultati ottenuti e pubblicati su “Nature” si basano su una quantità di dati, raccolta negli ultimi tre anni, dieci volte più grande di qualsiasi altra ricerca con tecnica sperimentale simile. Nonostante la sua fenomenale sensibilità, l’esperimento non ha ancora osservato prove di doppio decadimento beta senza emissione di neutrini. Da questi risultati è però possibile stabilire che un atomo di tellurio impiega più di 22 milioni di miliardi di miliardi di anni per decadere: si tratta di nuovi limiti di CUORE sul comportamento dei neutrini, cruciali per ricerca di una possibile nuova scoperta della fisica delle particelle che sarebbe rivoluzionaria perché aiuterebbe a comprendere le nostre stesse origini.

A questa indagine partecipa sin dal 2008 anche un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna e dell’INFN Bologna, attualmente coordinato da Stefano Zucchelli, professore al Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi”. Il gruppo ha preso parte all’assemblaggio degli oltre novecento cristalli di ossido di tellurio e ha fornito un rilevante contributo durante la delicata fase di assemblaggio del criostato, che oggi rappresenta lo stato dell’arte nel contesto di strumentazioni criogeniche di queste dimensioni.

CUORE è infatti un vero trionfo scientifico e tecnologico, non solo per i suoi nuovi risultati, ma anche per aver dimostrato con successo il funzionamento del suo criostato in condizioni veramente estreme, alla temperatura di 10 millesimi di grado sopra lo zero assoluto. La temperatura nel rivelatore viene attentamente monitorata con sensori in grado di rilevare una variazione di appena un decimillesimo di grado Celsius. Questo perché il doppio decadimento beta senza emissione di neutrini ha una firma energetica specifica, e se avvenisse aumenterebbe la temperatura di un singolo cristallo di una quantità ben definita e riconoscibile.

Il doppio decadimento beta senza neutrini, ammesso che si verifichi, è però anche estremamente raro, e quindi la Collaborazione di CUORE deve impegnarsi per rimuovere quante più fonti di interferenza possibile che potrebbero nascondere l’evento cercato. Per questo, l’intero sistema si trova nelle sale sperimentali sotterranee dei Laboratori del Gran Sasso, e un’ulteriore schermatura è fornita da diverse tonnellate di piombo.

“In CUORE la radiopurezza dei materiali è cruciale: un ulteriore contributo in questo senso è stata la realizzazione di una speciale zona dedicata all’immagazzinamento dei cristalli di tellurio e dei componenti in rame ultrapuro, collocata all’interno dei Laboratori Sotterranei del Gran Sasso, per schermarli dai raggi cosmici”, spiega Zucchelli. “La zona è costantemente mantenuta in atmosfera controllata e priva di radon per ridurre la contaminazione ambientale proveniente delle rocce circostanti”.

Più in generale, e a maggior ragione in ricerche di eventi rari, è fondamentale la riduzione dei rumori di fondo. In questo ambito, il gruppo di Bologna ha dato inizio ad una campagna di individuazione delle sorgenti di rumore, focalizzandosi sui disturbi a frequenze inferiori all’hertz. Una ricerca, questa, che ha coinvolto diversi studiosi del Dipartimento di Fisica e Astronomia – Alberto Armigliato e Silvia Castellaro del settore di Geofisica della terra solida, con Marco Zavatarelli del settore Oceanografia e fisica dell’atmosfera – oltre a studiosi dell’INGV di Bologna e dell’INGV dell’Aquila, e al contributo della SARA Electronic Instruments di Perugia.

“Questi disturbi sono un indesiderato e incontrollabile rumore di fondo che potrebbe sensibilmente limitare la risoluzione energetica alle bassissime energie, come nel caso della ricerca di materia oscura o di assioni”, dice Zucchelli. “CUORE potrà beneficiare di questo studio tuttora in corso, ma i risultati ottenuti saranno estremamente utili anche per mitigare gli effetti di questi disturbi negli esperimenti bolometrici di prossima generazione, che si propongono di accrescere notevolmente il potenziale di scoperta del decadimento doppio beta privo di neutrini”.

Tra questi, c’è l’esperimento CUPID, il successore di CUORE, già in avanzata fase di sviluppo, che ne riutilizzerà l’infrastruttura criogenica e sarà oltre dieci volte più sensibile. Un progetto che vede anche in questo caso la partecipazione del gruppo di studiosi bolognesi, impegnati in un’attività di ricerca e sviluppo di trasduttori termici criogenici, in collaborazione con l’unità di Bologna dell’Istituto per la Microelettronica e Microsistemi del CNR e con l’IMEM di Parma.

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