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C’erano una volta solo vecchi frigoriferi, lavatrici e qualche radio. Oggi, insieme a loro ci sono le e-bike, i monopattini elettrici, gli hoverboard, gli auricolari bluetooth e persino – in attesa che entri in vigore l’obbligo – i seggiolini antiabbadono. Tutti questi prodotti hanno in comune un elemento: quando arriveranno al termine della loro vita, diventeranno dei RAEE, ovvero dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. «Il mondo dei RAEE è costantemente in evoluzione, non solamente per la continua spinta all’innovazione che interessa il settore tecnologico, ma anche in virtù del cosiddetto “Open scope” che è entrato in vigore nello scorso mese di agosto», spiega Giancarlo Dezio, direttore generale di Ecolight, consorzio nazionale non a fini di lucro che si occupa della gestione dei RAEE, delle pile e degli accumulatori esausti. «Le nuove mode, ma anche i progressivi sviluppi sui prodotti che mettono al centro l’elettronica fanno sì che la famiglia dei RAEE debba continuamente allargarsi per comprendere prodotti che fino anche a pochi mesi prima non venivano considerati dal mercato o addirittura non esistevano nemmeno». Esempi possono essere i robot aspirapolvere, la cui offerta è decisamente lievitata negli ultimi anni, ma anche le biciclette a pedalata assistita che stanno registrando un vero e proprio boom di vendite dopo anni di presenza sul mercato. Nel novero tra i prodotti che, una volta non più funzionanti, devono essere considerati come dei rifiuti elettronici ci sono anche le sigarette elettroniche, droni e, anche se decisamente poco diffusi, segway.

«Possiamo identificare come RAEE tutti quei rifiuti che hanno al loro interno una componente elettrica o elettronica. È un insieme estremamente variegato per tipologia, dimensioni e funzionalità, ma questo non deve distrarre l’attenzione dalla necessità di conferirlo in modo corretto», prosegue il direttore generale di Ecolight. Gli elettrodomestici non più funzionanti sono un classico esempio di rifiuto elettronico. Ma fanno parte del gruppo anche gli smartphone rotti, così come i telecomandi, le stufe elettriche e le lampadine siano queste a risparmio energetico, neon o a led. Tutti condividono l’obbligo di seguire un preciso percorso di raccolta, trattamento e smaltimento. «Se guardiamo ai principi che muovono l’economia circolare, i RAEE rappresentano un’importante risorsa: sono infatti riciclabili per oltre il 90% del loro peso e dai rifiuti elettronici è possibile ottenere importanti quantitativi di plastica, ferro, alluminio e vetro», aggiunge Dezio. «La corretta gestione di un RAEE inizia però dalla sua conoscenza: sapere che il monopattino elettrico o l’e-bike, che magari abbiamo appena regalato a nostro nipote, quando non funzionerà più dovrà essere conferito separatamente è il punto di partenza per dare vita ad una catena di valore». Senza contare che molti di questi prodotti hanno al loro interno una batteria che, per non inquinare l’ambiente, necessita di essere smaltita correttamente.

Come i cellulari o i frullatori più comuni, anche gli auricolari bluetooth rotti non possono essere messi nell’indifferenziato. Devono essere portati alla piazzola ecologica del proprio Comune, oppure lasciati in negozio al momento dell’acquisto dell’apparecchio nuovo sostitutivo. Nei punti vendita più grandi è possibile lasciarli gratuitamente anche senza acquistare nulla. Gli obblighi di ritiro gratis valgono anche per le vendite effettuate online.

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