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Il 30 agosto 2019 un astrofilo ucraino ha scoperto un oggetto diffuso, che sembrava proprio una cometa. E quindi è stata denominata C/2019 Q4 Borisov, dal nome dello scopritore.

Già pochi giorni dopo è stato possibile derivare gli elementi orbitali dell’orbita. Erano chiaramente anomali rispetto alle comete del nostro Sistema solare: infatti un’eccentricità di 3.36 e un’inclinazione di 44 gradi indicano un’orbita aperta che non è legata al Sole.

Si trattava del secondo oggetto interstellare – dopo ‘Oumuamua, scoperto il 18 ottobre 2017. A livello internazionale si è quindi deciso di introdurre una nuova nomenclatura e precisamente 2I/Borisov per definire la nuova cometa. Infatti non ci sono più dubbi che si tratti di una cometa, poiché mostra una chioma e una coda di polvere. Inoltre i primi spettri mostrano alcune delle emissioni tipiche delle comete.

Poche settimane dopo la scoperta di Borisov, ho cominciato a pensare: perché non provare ad osservare la cometa con un telescopio italiano, visto che è ben visibile nell’emisfero nord?

Ho riunito alcuni colleghi appassionati di comete come me e qualche giovane per supportarci nella riduzione dei dati. Abbiamo preparato un proposal – una proposta osservativa – per il Telescopio nazionale Galileo e l’abbiamo sottomesso al direttore del telescopio, Ennio Poretti, come director discretionary dime – il tempo di utilizzo del telescopio che il direttore può concedere, appunto, a sua discrezione.

Dopo pochi giorni ci hanno comunicato che la nostra proposta era stata accettata, e abbiamo cominciato a discutere il setup del Tng per ottenere immagini “in R” e spettri a media-bassa risoluzione spettrale con lo strumento Dolores. Le immagini sono importanti per ottenere informazioni sulla produzione di polvere, attraverso un complesso modello utilizzato da diversi anni dal nostro gruppo, e quindi su alcune caratteristiche della cometa.

L’analisi delle immagini e i risultati preliminari del modello di polvere mostrano una produzione e una distribuzione delle dimensioni delle particelle molto simili alla 67P, la cometa studiata dalla sonda Rosetta, e quindi di 35 kg al secondo. Inoltre la sua attività, e quindi formazione della coda, è iniziata a circa 4 Ua e molto probabilmente è dovuta all’acqua.

Insomma sembra che il comportamento di 2I/Borisov sia molto simile a quello della famiglia delle comete gioviane del nostro Sistema solare – cioè le comete a corto periodo. Questo però potrebbe non essere poi così strano. La presenza delle esocomete nei sistemi extrasolari è nota da tempo. La loro formazione avviene, come è avvenuto per le comete del nostro sistema, nel disco protoplanetario, a distanze dalla stella compatibili con l’esistenza dei ghiacci. L’esatta composizione delle esocomete dipende dalla composizione ed evoluzione del disco protoplanetario in cui si formano, ma sicuramente la prevalenza di ghiaccio d’acqua, anidride carbonica e monossido di carbonio, e la presenza di grani di polvere non dissimili da quelli nelle nostre comete, caratterizzano anche le esocomete.

Gli spettri invece sono più difficile da analizzare e richiedono più tempo per estrarre delle informazioni sulla cometa. Abbiamo comunque identificato l’emissione del CN nel blu e stiamo cercando di identificare altre emissioni lungo lo spettro. Indubbiamente gli spettri mostrano poche emissioni, e sembra che siano un po’ diversi da quelli che siamo abituati a vedere per le altre comete. Dai primi risultati già pubblicati da altri autori sembra che manchino le emissioni del C2, la molecola del carbonio che generalmente riempie di emissioni gli spettri delle comete nel visibile.

I nostri risultati si basano su dati acquisiti nel mese di novembre, dunque prima del passaggio al perielio avvenuto l’8 dicembre. Ma le osservazioni continuano, per scoprire eventuali variazioni dopo il perielio e quando comincerà ad allontanarsi dal nostro Sistema solare. La figura in apertura ci mostra una bella immagine, ottenuta sempre al Tng il 9 dicembre, dove si vede la cometa molto attiva e con una bella coda di polvere.

Il team che ha compiuto le osservazioni è composto da Gabriele Cremonese, Pamela Cambianica e Giovanni Munaretto dell’Inaf di Padova, Marco Fulle dell’Inaf di Trieste, Maria Teresa Capria e Alessandra Migliorini dell’Inaf Iaps di Roma, Monica Lazzarin e Fiorangela La Forgia del Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Padova e Walter Boschin del Tng.

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